fbpx

La manutenzione dell’impianto elettrico è un aspetto importantissimo da curare in qualsiasi abitazione, sia per la salute della famiglia che per il miglior funzionamento della casa.

Innanzitutto è bene fare una distinzione tra impianto elettrico civile e impianto elettrico industriale. Gli impianti elettrici civili devono fornire energia per l’illuminazione, per il funzionamento di vari elettrodomestici e dispositivi elettronici. Dall’altra parte, quelli industriali forniscono energia a macchinari molto più grandi, molto più delicati e complessi. Rifare gli impianti in casa significa creare un nuovo impianto che non ha nulla più a che fare con il vecchio, pertanto saranno montati nuovi quadri elettrici, nuove dorsali, nuovi tubi, nuovi cavi, nuovi terminali, ecc. Tutte queste operazioni, ovviamente, comportano opere anche invasive per la casa.

La manutenzione invece significa eseguire le operazioni necessarie a mantenere in efficienza l’impianto e realizzare tutti quegli aggiornamenti che possono comportare un parziale rinnovo dell’impianto. Rientrano pertanto nella manutenzione la sostituzione dei cavi però mediante l’utilizzo delle medesime canaline, oppure la sostituzione degli interruttori e delle placchette.

Ma come si riconosce un impianto elettrico usurato?

In primo luogo dai cali improvvisi di tensione. Se il contatore salta bruscamente o usando un elettrodomestico si avverte uno sgradevole odore di plastica, ci potrebbe essere qualche problema legato all’impianto elettrico. L’impianto elettrico risulta gravemente compromesso nel momento in cui vi è la comparsa di scintille durante l’utilizzo di apparecchi domestici.

Nei casi elencati poca fa è quindi imprescindibile rifare il vecchio impianto elettrico. Per quanto possa sembrare una cosa difficile da programmare e gestire, in realtà rifare un vecchio impianto elettrico rispettando tutti i parametri di sicurezza è assolutamente possibile, soprattutto grazie all’aiuto di figure esperte che si occupano principalmente di: fornire tutte le informazioni e documentazioni necessarie per la realizzazione del nuovo impianto; creare un progetto ben strutturato in base alla planimetria dell’edificio; installare l’impianto elettrico, collaudarlo e certificarlo.

A partire dalla promulgazione della legge 46/90, si sono avute importanti innovazioni normative, tecniche e tecnologiche che, per fortuna, ci hanno permesso di vivere sempre più in sicurezza, come ad esempio la dichiarazione di conformità dell’impianto elettrico.

Dichiarazione di conformità dell’impianto elettrico

La dichiarazione di conformità dell’impianto elettrico è un documento diventato obbligatorio con la legge 46/1990 e disciplinato successivamente dalla legge 37/2008. La dichiarazione di conformità dell’impianto deve obbligatoriamente essere allegata alla richiesta di agibilità nel caso di costruzione di nuovo edificio o di ristrutturazione completa. In caso di solo rifacimento dell’impianto elettrico l’agibilità non va richiesta (anche se ci sono interpretazioni diverse della legge sia negli uffici Comunali che tra tecnici). Resta comunque una documentazione indispensabile per accedere alle detrazioni. L’impresa che rilascia la dichiarazione di conformità dell’impianto elettrico deve essere iscritta nel registro delle imprese o nell’albo delle imprese artigiane e inoltre deve aver ottenuto l’abilitazione specifica. La dichiarazione di conformità deve essere consegnata una volta terminati i lavori di rifacimento dell’impianto elettrico e l’impresa che rilascia la dichiarazione ha l’obbligo di inviarla al Comune entro 30 giorni. Sarà poi il Comune a inviare la dichiarazione alla Camera di Commercio che ha il compito di vigilare (ed eventualmente sanzionare) le incongruenze in merito.

A questa dichiarazione devono essere allegati alcuni documenti, come il progetto schematico dell’impianto (per case/appartamenti fino a 200mq di superficie può essere uno schema semplificato e senza firma del tecnico, per superfici maggiori deve essere un progetto completo che va allegato anche alla CILA che hai protocollato ad inizio lavori), l’indicazione dei materiali utilizzati e una copia della visura della camera di commercio dell’impresa che ha realizzato l’impianto

Da cosa è composto l’impianto elettrico?

L’impianto elettrico è composto da una serie di componenti fondamentali per il funzionamento del circuito stesso e da una dotazione che varia secondo l’ampiezza della casa. Per gli impianti nuovi la norma fissa tre livelli qualitativi. L’impianto elettrico è regolato dalla norma Cei 64-8 e dalla variante V3 del 2011 alla norma stessa. Con questa variante vengono dettate le regole precise sui limiti minimi prestazionali degli impianti elettrici per le nuove installazioni. Il primo aspetto da segnalare è che la potenza contrattuale impegnata, fornita al privato dall’azienda elettrica prescelta, viene diversificata in base alla superficie della casa: 3 kW (valore minimo per superfici fino a 75 mq) e 6 kW (valore minimo per superfici oltre i 75 mq). Naturalmente non è detto che l’utente debba impegnare i valori indicati, però l’impianto elettrico deve essere predisposto per accettare almeno queste potenze impegnate. Per quanto riguarda invece gli impianti elettrici esistenti, in genere dimensionati per 3 kW di potenza impegnata secondo la vecchia prassi, nel caso ci sia un utilizzo superiore di energia elettrica all’interno dello spazio domestico (per esempio si installa un piano cottura a induzione al posto dei classici fornelli a gas) si può incrementare l’utenza da 3kW a 4,5 kW o addirittura a 6 kW, tramite richiesta al gestore.

Il centralino di nuovo tipo è più grande rispetto ai vecchi modelli e deve avere un interruttore generale e almeno due di quelli differenziali. Il numero di linee dipende invece dai mq della casa e dal livello di impianto adottato. Da quello generale, con il contatore per la misurazione dei consumi, si snodano i fili conduttori che portano al centralino singolo (cioè il quadro elettrico dell’unità abitativa) posto all’interno della casa, solitamente posizionato vicino al vano della porta di ingresso. Questo centralino contiene i vari interruttori magnetotermici e l’interruttore differenziale detto “salvavita”. Oltre a questa, che è la parte per così dire di comando, un impianto elettrico domestico è formato anche da:

prese per l’attacco dei vari elettrodomestici; interruttori semplici o composti per comandare i punti luce; un sistema di messa a terra dell’impianto nella sua totalità (il conduttore di terra va sempre portato all’interno del centralino).

In più la variante V3 alla norma prescrive anche come strutturare gli impianti. E cioè considerando l’impiego delle seguenti apparecchiature: differenziali con elevata insensibilità ai disturbi elettromagnetici oppure, in alternativa, con dispositivo di richiusura automatica; differenziali in classe A per la protezione di circuiti a cui fanno capo lavatrici e condizionatori, nonché apparecchiature con parti elettroniche; punti presa della cucina e della lavatrice con almeno una presa tipo Schuko; predisposizione dell’alimentazione elettrica per un’elettrovalvola di intercettazione del gas domestico, da porre nei pressi dell’ingresso del gas nell’abitazione; unitamente, predisposizione dell’alimentazione con idoneo sensore nel locale cucina.

La norma ha introdotto una classificazione dell’impianto elettrico che prevede tre livelli in base alla dotazione e agli standard di comfort. Non è possibile scendere sotto il primo livello.

Costo di un impianto elettrico

In linea generale, un impianto elettrico ha un costo di circa 50/60 euro per ogni punto luce installato. In un appartamento standard di 90 mq, costituito da circa 60 punti luce, l’importo complessivo può quindi essere stimato in 3.000/3.600 euro, esclusa iva. Nella cifra sono compresi i materiali, i tubi corrugati, le scatole, i quadri elettrici, la manodopera e l’utile per l’impresa